Enigma

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ENIGMA

– Tema affidato all’altrui capacità di interpretare o indovinare, di solito contraddistinto da una certa profondità, solennità e dignità letteraria.   (D.O.)

                                                                                                              (dal latino = allegoria, indovinello, enigma).

Enigma

Nel campo della conoscenza esiste, da tempo immemorabile, una specie di confuso, larvato antagonismo tra il “semplice” che da subito si padroneggia, si acquisisce, si “legge” con facile parsimonia ed il “complesso” che ne disegna i contorni di imprevisto, perché richiede un rispettoso soffermarsi, un esame attento ed anche uno sconfinamento azzardato, ben al di fuori quindi, dagli usuali, comuni canoni della “gnosi“.

E così, d’impulso, vien fatto di concretizzare il tutto in un unico sostantivo: e n i g m a; infatti per aver modo di leggerlo e chiarirlo dobbiamo far ricorso ad una nostra accorta disponibilità interpretativa ad una versatilità minuziosa e scrupolosa per venirne a capo, in altre parole sono necessari molto impegno e ricerca.

In alto una valva a guisa di conchiglia gigante prodiga la sua convessità per ospitare, sulla destra, una protuberanza a forma di chele, appendice predatoria caratteristica di crostacei e di alcuni aracnidi.

Proseguendo verso sinistra appare una grande depressione recante al suo interno due vuoti, antichi simbolismi che si richiamano a spiritualità e raziocinio; mentre spostandoci ancora nella stessa direzione si nota il capo di un animale, di difficile identificazione, che ha assunto un atteggiamento ambiguo: fra il perplesso e la disponibilità all’aggressione.

Sul retro invece notiamo la testa di un cucciolo di elefante indiano con la sua proboscitina prona, in atteggiamento dimesso. Simbolo naturale di forza l’elefante rappresenta la buona memoria, la saggezza, la longevità. L’Induismo lo considera il veicolo del dio Ganesha raffigurato, tradizionalmente, con la testa di elefante.

Un fianco della scultura si sbizzarrisce in una serie di sinuosità che confluiscono nel mascherone di cui sopra. L’altro fianco occupa la possanza dell’apparato chelato, mentre il tutto partecipa di un movimento appena accennato, sintetizzato dalla obliquità di alcune venature e dall’andamento cromosonico occulto che permea la struttura.

Ancora una volta è la simbologia a conferire vibrante vitalità alla scultura.

La parte interna protetta, quasi racchiusa, come in una valva di ostrica accoglie due vuoti che si ispirano l’uno alla spiritualità che appare quasi invisibile, nascosta ma protesa a far ricorso all’altro vuoto più appariscente, la razionalità, presupposto base di civiltà nei popoli.

Sul retro, sovrastante il capo dell’elefantino, si nota una prominenza a forma di scudo, di foggia simile a quelli usati, in epoca molto remota, dai nativi africani, anche se la raffigurazione è piuttosto grezza, ma è il fatto che protuda con molta evidenza che vien posto in risalto. Esso reca sulla sua superficie una leggera e minuscola depressione che richiama l’aspetto di un organo visivo.

Entrambi fanno riferimento alla affettuosità del branco che, insieme alla sua mamma, si prende cura del piccolo pachiderma, garantendogli al contempo difesa e cumulo di esperienze.

I piccoli vuoti e le altre depressioni o asperità evidenti, in modo più o meno appariscente, testimoniano le ingiurie del tempo, accanitosi sull’Olivo, con lo scorrere degli anni e l’alternarsi delle stagioni, ma, frattanto, ne esaltano la sua “naturalità” protrattasi per oltre due secoli.

La poliedricità degli aspetti della Natura possiedono la particolarità di condurci in una dimensione speciale, direi unica, in cui dominano, incontrastati: magia, meraviglia, incanto.

A volte essi prediligono donarci il loro sorriso per aver modo di porgere, alla nostra sciatta aridità, il profumo delle cose senza tempo: semplici, intense, inalterabili.

Ecco che allora l’ermeticità degli enigmi, delle cose difficili, si dipana in maniera piana, acquisibile, facile, ed è proprio in questi istanti colmi di misteriose suggestioni che la nostra anima può percepire la sofferta epitome che la Natura dedica, come silente e struggente inno, al miracolo della Creazione.

MMV

Francesco Paolo Danisi